Malattia mentale?
Tra le malattie che coinvolgono il cervello ci sono anche le dipendenze, ma è corretto considerare queste ultime alla stessa stregua delle malattie mentali? In passato si è molto discusso al riguardo e oggi, sia in ambito scientifico che clinico, c’è molta prudenza nel fare questo accostamento. Le dipendenze, anche se per convenzione si inquadrano tra i disturbi mentali nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders), rappresentano un capitolo a sé della patologia umana. Nelle forme conclamate colpiscono l’ambivalenza di certi comportamenti, gli sbalzi d’umore, le alterazioni del carattere , i pensieri ossessivi (sintomi ravvisabili in diverse patologie psichiatriche), ma definire la dipendenza una malattia mentale è fuorviante oltre che fuori misura. Significa spostare il problema nel mondo dell’irrazionale e del non responsabile. Significa attribuire le cause del comportamento esclusivamente alla complessità della matrice psichica, ai suoi sviluppi e alle sue disfunzioni. In realtà dietro la stragrande maggioranza delle dipendenze c’è una persona “capace di intendere” , cosciente e responsabile delle proprie azioni , comprese quelle sbagliate. Il suo comportamento non è senza senso, fine a se stesso, ma segue canali motivazionali ben strutturati, anche se condizionati e stereotipati.
Ciò che appare compromessa è la sua "capacità di volere", intendendo con questa la libera determinazione delle proprie scelte. Certo, se manca di volontà, una persona non può dirsi sicuramente autonoma, ma da questo a scaricarla completamente da ogni responsabilità il passo è ancora molto lungo. Chi ha una dipendenza, negli intervalli liberi, ha la ragione perfettamente integra e può prendere qualsiasi tipo di decisione, compresa quella di "non dipendere più". Le dipendenze si sviluppano nel cervello dando luogo inevitabilmente a sintomi psichici di vario tipo e intensità. E’ importante leggere queste manifestazioni come sintomi secondari, espressione cioè della malattia e non causa della stessa. L’ansia o la depressione conseguenti alla mancata assunzione di una sostanza , per esempio, non sono la stessa cosa dell’ansia o della depressione che insorgono spontaneamente. Solitamente le alterazioni psichiche correlate alla dipendenza cessano con la regressione di questa. Non sempre però è così. E’ noto che in alcune circostanze l’uso di droghe provochi l’insorgenza di disturbi mentali gravi (psicosi, attacchi di panico, stati paranoici …). Queste sono delle vere e proprie complicanze, ovvero malattie diverse da quelle originarie che evolvono in modo autonomo. Un po’ quello che succede, per esempio, quando in seguito ad un banale raffreddore viene la bronchite o la sinusite. La malattia originaria è il raffreddore, mentre la bronchite e la sinusite sono definite complicanze. Normalmente le complicanze psichiatriche tendono a risolversi spontaneamente nel lasso di qualche mese, ma in alcuni casi, specie se esistono predisposizioni genetiche, possono evolvere in modo grave e perdurante.
C’è anche la possibilità che alcuni disturbi mentali, specie i disturbi di personalità e quelli dell’umore, facilitino l’insorgenza di una dipendenza e la alimentino continuamente. Si tratta di quadri clinici complessi, enfaticamente definiti di "doppia diagnosi" per rimarcare la concomitante presenza di due diagnosi distinte: la dipendenza da un lato e il disturbo psichiatrico dall’altro. In questi casi è difficile distinguere i sintomi psichici generati dalla dipendenza da quelli della malattia mentale. I due quadri patologici tendono ad influenzarsi negativamente l’uno con l’altro ma la guarigione dalla dipendenza è sempre possibile, anche se più problematica, a conferma della natura funzionale di tale malattia.