Si può guarire?
E’ opinione diffusa che il tabagismo, come l’alcolismo, il gioco d’azzardo o qualsiasi altra dipendenza siano malattie inguaribili. La lunghezza del decorso, la frequenza delle ricadute, la tendenza ad aggravarsi, l’inefficacia di molti trattamenti sono tutti elementi che consolidano tale credenza. Se chiediamo a qualsiasi medico, questi ci dirà che una malattia con queste caratteristiche si definisce ad evoluzione cronica. Ma è veramente appropriata l’attribuzione di cronicità nel caso delle dipendenze? Qualche perplessità esiste. Le patologie croniche sono correlate a lesioni irreversibili in organi o apparati, ovvero danni biologici non più in grado di riparare e quindi di evolvere verso la guarigione.
Allo stato attuale delle conoscenze non esistono dati certi circa la presenza di lesioni organiche irreversibili nelle varie forme di dipendenza. Mancano le prove scientifiche per diagnosticare l’inguaribilità di queste malattie, anche se di fronte alla durata di alcune di esse (talvolta di decenni) pensarlo è comprensibile.
E’ altrettanto vero che non è difficile mettere in discussione tale presunta cronicità. Immaginiamo per esempio una persona affetta da diabete insulino- dipendente abbandonata su un’isola deserta. Questa forma di diabete è una malattia cronica del metabolismo dovuta ad una carenza permanente dell’insulina prodotta dal pancreas, tanto che è necessario assumerla quotidianamente. Un paziente insulino-dipendente non può sopravvivere senza la sua terapia insulinica perché ha un danno organico irreversibile che non guarirà mai spontaneamente. Immaginiamo ora un cocainomane abbandonato sulla stessa isola. Pur attraverso non poche sofferenze la dipendenza di questa persona si estingue spontaneamente senza bisogno di alcuna terapia. La persona non assume più cocaina e dopo un po’ di tempo finirà con lo star bene comunque: clinicamente guarisce. Lo stesso esperimento può essere fatto con qualsiasi altra dipendenza ottenendo sempre lo stesso risultato. In realtà questo è un modello semplicistico che, ovviamente, non deve essere frainteso. Non basta certo relegare in uno spazio chiuso un malato di dipendenza e sperare che in questo modo guarisca per sempre. La guarigione da questa patologia non è soltanto una questione di distacco forzato dall’oggetto di desiderio, ma dipende da tanti altri fattori.
La malattia cui ci troviamo di fronte è determinata da alterazioni che possono essere completamente riparate. E’ importante non confondere la dipendenza con gli effetti collaterali che alcune droghe hanno sul cervello. Dati scientifici e rilievi clinici evidenziano la possibilità di lesioni neurologiche permanenti come conseguenza dell’assunzione di determinate sostanze, ma questi danni irreversibili di origine tossica sono responsabili di tutt’altra sintomatologia rispetto a quella della dipendenza. Se una persona nell’utilizzare droghe dotate di neurotossicità come alcol, anfetamine, ketamina, L. S. D. (dietilammide dell’acido lisergico) sviluppa malattie neurologiche o psichiatriche ad evoluzione cronica, ciò non significa che rimanga dipendente a vita dalle stesse sostanze.
Fare luce su questi concetti non è solo una questione di definizioni. Dietro la credenza di cronicità e di inguaribilità si perdono motivazioni, muoiono speranze, si rinuncia al cambiamento. Convincersi che smettere di fumare o staccarsi dalla bottiglia sia qualcosa di impossibile induce a non mettersi alla prova con la giusta determinazione, ad abdicare anzitempo al proprio riscatto. Di fatto qualsiasi dipendenza può evolvere verso la guarigione e lo dimostrano le migliaia di persone che quotidianamente nel mondo smettono di fumare, di bere, di usare eroina o altre droghe. Tutte queste persone non sono affatto più dotate o più fortunate, hanno solo tirato fuori il meglio di sé e sgombrato il campo da qualsiasi falsa credenza.